TESSUTO URBANO
una idea di Paolo Delle Monache
per il PROGETTO MILESI
Diocesi di Civita Castellana: nuovo complesso parrocchiale a Fiano Romano (RM)
Cristo Nostra Pasqua
Partecipare a un concorso è una utopia.
Se alcune volte vi aderisco è perché mi rimane comunque l’idea, l’adrenalina del progetto, l’essermi misurato e confrontato con determinate esigenze o temi.
Tutti stimoli che poi ritornano, non vanno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.
Come nel caso del concorso per la progettazione del nuovo complesso parrocchiale “Cristo Nostra Pasqua“, sito in Fiano Romano (RM), in cui ho avuto il piacere e l’onore di collaborare con un architetto che stimo profondamente, Edoardo Milesi.
Con lui e il suo team siamo risultati finalisti. Non abbiamo vinto, ma resta un video per me straordinario, alcuni rendering e il concept del mio intervento.
CONCEPT
Un percorso spirituale per la chiesa di Fiano romano
L’entrare in una chiesa può essere una esigenza motivata dal bisogno di donarsi una pausa di silenzio, di preghiera, di intimità con se stessi, in un luogo che avvertiamo come l’unico in cui tutto ciò possa avvenire. Ho pensato quindi di realizzare degli elementi che accompagnino in questo, componendo un percorso che, dal caos informe esterno, conduca colui che entra al raccoglimento interiore e alla concentrazione spirituale. Attraverso il graduale passaggio dalla dimensione indistinta e bidimensionale del piano, simbolicamente rappresentato da una grande parete di vetro all’interno della chiesa, si approda a presenze sacre, che lievitano e fuoriescono dal piano con il Tabernacolo.
La città è protagonista: da lei proveniamo, ci separiamo e ritorniamo entrando e uscendo dalla chiesa.
La città entra nella chiesa, in quanto realtà e quotidianità a volte priva di senso, a cui siamo noi a dover dare senso attraverso il nostro fare ed essere, attraverso la nostra fede.
Bellezza e semplicità sono elementi a mio avviso etici, scorciatoie per una dimensione metafisica che mi auguro i miei elementi incarnino.
La parete bidimensionale di architetture inserita nel vetro divisorio tra la chiesa feriale e quella contenente 500 posti
– La luce: il primo incontro
Un arabesco-merletto urbano, di un millimetro di spessore in lamina di bronzo traforata, alto quattro metri e lungo circa venti, contenuta tra i due vetri antisfondamento della parte divisoria delle due chiese, rappresenta il punto di partenza: la città entra con il suo caos avvolgente nella chiesa. Non ha spessore perché è un grande tessuto (è il caso di dire un tessuto urbano) apparentemente indistinto: una città che sale, trapassata dalla luce che filtra dalle innumerevoli finestre, porte ed archi. Luce proveniente dall’Orto degli Ulivi e ulteriormente rinforzata da luci puntate dal retro.
Le ortogonali in bronzo e il Tabernacolo
– L’emersione dal piano: il secondo incontro
Sul non-luogo indistinto del fondo troviamo il secondo livello del percorso verso il sacro. Le ortogonali composte da sfoglie di architetture di bronzo lievitano e si staccano dal piano.
Seguendo il filo di Arianna delle presenze sacre che le compongono, ovvero i profili delle chiese, dei campanili e delle cupole disseminate sull’ascissa e sulla ordinata, si approda all’emergere perentorio del Tabernacolo nel punto in cui si incontrano, di dimensione 33 (alta) x 33 (larga) x 50 (profonda) cm. Questo elemento trapassa la parete di vetro e si raddoppia dall’altra parte, nell’altro spazio della chiesa. La sua presenza è un messaggio che la chiesa lancia a chi entra, una presenza che si distacca con forza dall’atopia della città: è l’offerta della chiesa, il corpo di Cristo, sotto forma di ostia contenuto nel calice al suo interno.
In matematica il punto di incontro delle ortogonali è detto origine, un termine a mio avviso molto evocativo in questo caso, origine della vita dopo la morte attraverso il sacrificio di Cristo, Pasqua, resurrezione. Essere cristiani vuol dire essere ottimisti, in quanto si crede nella vita dopo la morte.
Paolo Delle Monache